Comunicato in risposta all’articolo di Graffiti “La lezione della Fiom al Kag”, comparso a pag. 5 del numero di Ottobre 2013.
PROFESSORI SENZA CLASSE.
Vorremmo con queste righe rispondere all’articolo di Graffiti “La lezione della Fiom al Kag”, esprimendo il nostro pensiero e la nostra posizione, riguardo all’assemblea organizzata per parlare della situazione Riva. Innanzitutto sarebbe ora di smetterla con questo tono condiscendente, da esperti adulti pronti ad educare i giovani. Molti di noi hanno superato i trent’anni, qualcuno pure i quaranta, e non si è più il gruppetto di giovani studentelli sbarbati pieni di ideologia. Siamo anche noi adulti, e da adulti viviamo quotidianamente il mondo che ci sta attorno, anzi forse avremmo noi molto da dire sulle posizioni che Graffiti assume. Evitiamo quindi toni da maestri.
Basta anche con i riferimenti al mito operaio, basta credere che da parte nostra ci sia ancora idealizzazione monotematica. Noi stiamo pure peggio degli operai, non abbiamo quei minimi diritti che questa classe di lavoratori si è costruita negli anni. Però ci riteniamo capaci di comprendere la realtà, tanto almeno da non correre il rischio di prendercela con chi colpe dirette non ne ha, con chi è sfruttato quotidianamente, con chi appartiene alla nostra stessa classe sociale (già, proprio questa parola, classe, che tanti di voi hanno da tempo smarrito). Il giornalista parla di “deformazioni che l’ideologia e la rabbia sociale comportano”, di “scivolate estremiste”, di “luddismo sindacale e culturale”. La realtà odierna è ricca di voci critiche e di azioni tese costantemente a migliorare le condizioni della vita quotidiana. Noi abbiamo sempre cercato di ascoltare e dare spazio a ogni situazione creatasi in Valle Camonica, dalle tematiche legate all’ambiente a quelle dell’immigrazione. Abbiamo parlato di razzismo e fascismo, di mondo del lavoro, di violenza di stato e repressione, di revisionismo storico, di autoproduzione. Ci siamo avvicinati ad argomenti ai più sconosciuti, ma di valevole importanza, come quello dei soprusi legati al concetto di “salute mentale” (se così la possiamo chiamare). Avremmo voluto farlo anche in questo caso.
Veniamo ora alla questione vignetta. L’immagine è stata presa dai volantini dei lavoratori ILVA di Taranto, altre pedine del grande mondo Riva (alla faccia della solidarietà operaia…), da cui la vicenda camuna non può essere slegata, visto che conosciamo tutti i motivi delle scelte e dei ricatti propugnati da questi imprenditori, e non in Puglia soltanto. Se i primi hanno deciso di usare quest’immagine in un loro volantino, è evidentemente perché i Riva, per aumentare i loro profitti, hanno esposto a rischi mortali bambini, donne e uomini di Taranto. Con le conseguenze concrete – non ideologiche – che conosciamo. Forse abbiamo usato l’immagine con leggerezza, non ci tiriamo indietro. Possiamo anche accettare di aver fatto un errore: non di contenuto, ma per le reazioni che ha scatenato. Il limite del nostro intervento l’abbiamo riconosciuto già la Domenica in cui avrebbe dovuto esserci l’assemblea.
Non gridiamo però subito allo scandalo, non parliamo di tragedia e per carità lasciamo da parte l’etica. I lavoratori che dovevano partecipare all’assemblea avevano visto il volantino e nessuno aveva fatto obiezioni. Sulla pagina facebook del gruppo Riva la famigerata vignetta è stata pubblicata Lunedì 7 ottobre, su quella del KAG Martedì 8, e nessuno si è scandalizzato, anzi venivano chieste informazioni su luogo e svolgimento dell’incontro. Poi Giovedì 10 è arrivata la FIM, sentitasi toccata nel suo orticello, pronta ad attaccare. E la FIOM subito ad accodarsi. A noi non interessa entrare nelle vostre lotte di tessere, ci da solo fastidio essere presi come pretesto. Viste le preoccupazioni emerse fra i locali rappresentanti di questo sindacato (giudicato “estremista” dai benpensanti, per utilizzare le parole del giornalista) e visto che il nostro interesse era quello di svolgere comunque l’incontro, abbiamo proposto di rifare il volantino, di togliere la “diabolica” immagine. Questo però non è bastato, per il fatto che le vere ragioni erano altre: erano il nostro modo di pensare e di leggere la realtà, l’immagine è stata solo un appiglio. Non nascondiamoci dietro ad un dito, la FIOM è stata ben contenta di essersi tolta una patata bollente, di mandare all’aria quest’assemblea, di non confrontarsi con altre realtà. Altrimenti avrebbe agito in modo diverso, accettando nuovi volantini o forse, ancora di più, partecipando. O anche solo relazionarsi maggiormente, non chiudendo tutte le porte. Ma evidentemente, questo non interessa. Già, perché noi non viviamo di sola ideologia ma di realtà concreta: quella di chi considera il lavoro salariato una fonte di sfruttamento, e non un bene comune, dal momento che la nostra diretta esperienza è fatta di tirocini e stages non pagati, di cooperative in cui i diritti del lavoro restano fuori dalla porta, di disoccupazione dilagante, di mancanza di sussidi e di reddito, di contratti a progetto e simili, di precarietà nell’insegnamento o di anni di studio che risultano inutili. Crediamo che il lavoro salariato non sia un bene comune, soprattutto quando sfrutta i lavoratori, devasta città intere e rende precarie le vite di generazioni.
Realtà fatta anche di repressione, stile quella di Pisapia verso chi si muove concretamente per risolvere le proprie necessità abitative, o stile PD, verso chi difende il suo territorio da speculazioni, mafia e profitti individuali (il TAV vi dice qualcosa?). Una realtà, la nostra, fatta dalla convinzione che condizioni di lavoro più dignitose possano combaciare con un ambiente sano in cui vivere: realtà concreta, ricordatelo, non ideologia. Perché adulti lo siamo diventati, e da un pezzo. E da adulti ci assumiamo le nostre responsabilità, ma non accettiamo lezioni di dubbia moralità. Né da chi si scandalizza per una vignetta, manda all’aria importanti momenti d’incontro e sfila senza problemi con i Caparini di turno. Né tantomeno da un giornale come Graffiti, che appoggia apertamente partiti che non portano nessuna soluzione ai nostri problemi, anzi ci propinano politiche per noi inaccettabili. Si è persa l’occasione per un percorso collettivo. Noi il nostro cammino, con i nostri errori, l’abbiamo assunto. Voi continuate pure a fare lezioni, ma forse dovreste guardare un po’più in la del vostro naso.
L’ASSEMBLEA ORGANIZZATRICE e il KAG